LO FACCIO PER TE
03.02.2018 13:23
"Oggi ne farai cinque!" . Il suo tono è sempre severo e perentorio, la sua espressione soddisfatta lascia però trapelare la sensazione che ... effettivamente riesco a tenergli testa, a seguire i suoi voleri e desideri, e non mi importa se il prezzo da pagare è sempre più alto, sono sua e decide lui, sempre.
Andrea è il mio master, e io, Stella, sono la sua slave. Lui è unico, affascinante nella sua normalità di impiegato del municipio e mi ha educata bene, mi ha fatto conoscere questo mondo. La prima volta che mi ha legata alla panca in cantina (ha una cantina attrezzatissima sotto casa sua) non potevo credere che fosse così bello essere maltrattata e sottomessa da lui, è una sensazione difficile da spiegare, uno struggimento interiore unito alla sofferenza fisica, e lui che se la rideva: è stato bello e capisco ormai quanto piace anche a lui. In quei momenti mi sento al massimo, al centro della sua attenzione sono io ad avere il potere in mano. Chi non ha mai provato non può capirlo, il potere che si ha è straordinario, è il potere di catalizzare completamente la sua mente verso di me, di riuscire a farlo godere come mai nessuna potrà farlo, e niente è più bello che vederlo così tanto interessato a me. Andremo in una discoteca o in un locale simile credo. Lo abbiamo fatto altre volte e non è certo una passeggiata. Devo agganciare uomini soli o piccoli gruppi, devo farmi scopare o almeno riuscire a fare un pompino al fortunato di turno. E devo comportarmi come una ninfomane infoiata, gli uomini apprezzano questi miei atteggiamenti. Di solito ho un paio d'ore di tempo per raggiungere l'obiettivo prefissato, e l'ultima volta, 2 settimane fà, ne ho spompinati quattro in un'ora e mezza. Andrea era contentissimo e mi ha premiata, mi ha permesso di dormire nella sua stanza per quella notte, sulla sedia a dondolo di legno di sua nonna, mi ha dato anche una coperta. "Siamo arrivati, il posto è questo" . Andrea non è mai prodigo di spiegazioni, devo cavarmela da sola come ho già fatto tante volte. E' una birreria rosticceria, grande, si vede dal parcheggio che è affollata, ci saranno duecento automobili e altrettanti mezzi a due ruote, grosse moto e scooter. Entrando l'atmosfera è dark, ovunque ci sono simboli macabri e disegni di teschi e ossa incrociate, occhi di fuoco e tantissime armi alle pareti, alcune visibilmente finte, altre più verosimili, ma non saprei dire altro, non sono un'esperta. La musica è decisamente heavy metal e il volume di ascolto è adeguato al genere. Pochi minuti e i miei occhi si abituano alla semioscurità, mentre le mie orecchie soffrono per il ritmo martellante e gli stridi delle improbabili melodie. Andrea entra dopo di me e si sistema in un tavolino buio in fondo alla sala. Osserva sempre le cose da lontano,mi controlla, mi protegge, anche se non so mai se interverrà in caso di pericolo. Non è mai intervenuto finora. Prima di allontanarmi da lui gli ho chiesto: "ho capito che devo farne cinque, ma in quanto tempo?" - "ottanta minuti, se non ce la farai avrai quello che meriti a casa".
Cazzo! Un'ora e venti, devo darmi da fare subito, so quanto diventa intrattabile se non raggiungo gli obiettivi, mi sembra crudele a volte, violento, maligno e diabolico per le punizioni che si inventa. Meraviglioso essere oggetto delle sue punizioni, ma certo significa che l'ho deluso per qualcosa, e non voglio mai che sia deluso per me, quindi mi impegnerò a fondo.
Il bancone è immenso, a intervalli regolari ci sono i rubinetti della spillatura e un esercito di camerieri e cameriere si danno da fare a riempire boccali di varie qualità di birra spumosa. In giro c'è un odore acre, misto di birra, cucina e sudore. In situazioni normali scapperei inorridita, e Andrea lo sa che mi piacciono posti più raffinati, ma ora non posso protestare, mi avvicino a un gruppo di motociclisti barbuti, con i giubbotti borchiati e vistose catene appese al collo. "Chi mi offre un boccale? Ho sete!" - Urlo per via della musica assordante. Subito si fa avanti un omone enorme, lunghi capelli rossicci e barba e baffi dello stesso colore, giubbotto di pelle nera e stivaloni da cow boy. Mi prende una mano e la solleva dicendo "bambola! per te un boccale della birra migliore e anche altro se vuoi..." scatenando risate rumorose tra i suoi compagni. Non mi faccio prendere in giro così e rispondo per le rime "voglio la birra ora! ma se farai il bravo darò io qualcosa a te... se mi farai conoscere quel bel ragazzo là in fondo". Devo aver detto qualcosa di sbagliato perchè l'omone si è fatto scuro in volto e sembra imbarazzato. Un tipo smilzo vestito alla stessa maniera mi spinge sotto il naso un bicchierone di birra scura e io ne traggo un sorso lunghissimo, fresca e forte, come piace a me. Subito mi dirigo verso quel ragazzo dall'aria malinconica, seduto in disparte rispetto al gruppo, ma ne fa sicuramente parte anche lui. Infatti indossa lo stesso tipo di abbigliamento e il giubbotto ha sulla schiena un ricamo uguale a quello del gigante cafone. Stranamente però ha un viso perfettamente sbarbato e i capelli pettinati accuratamente con un simpatico ciuffo come usano spesso i ragazzi alla moda. E poi è magro, alto, bello, insomma un ragazzo veramente figo! Gli rivolgo la parola - "non bevi birra tu? sembra che non si possa fare altro in questo posto!" - e lui - "ho già bevuto una coca cola, sono astemio e gli amici di mio padre mi hanno preso in giro per mezz'ora!" - "tuo padre? non dirmi che è quell'omaccione che mi ha offerto da bere!" - ora capisco, anche se non comprendo il motivo di questa stranezza, padre e figlio con la stessa passione per le moto e le gite fuori porta? - "non mi piace per niente uscire con lui, e credo che oggi sarà l'ultima volta. Mi umilia e mi fa prendere in giro da tutti, non è affatto divertente e se ne accorgerà..." - "caspita hai ragione, ma tu come ti chiami? Quanti anni hai?" - "Marco, venti anni appena compiuti" Marco è veramente simpatico, forse per la sua aria da ragazzino per bene, forse perchè continua a guardare imbarazzato verso suo padre, forse perchè anche io, come lui, mi sento fuori posto, imbarazzata e oppressa, quasi sporca. Dimentico per un momento gli ordini di Andrea e prendo per mano Marco "accompagnami fuori per favore". Ci dirigiamo all'uscita e sentiamo gli sguardi su di noi, il gruppo di motociclisti urlanti e in fondo alla sala Andrea, illuminato da alcuni lampi degli effetti luce del locale. L'aria fresca del parcheggio spazza via gli aromi forti dal mio naso e anche Marco sembra respirare, anzi sospira con aria soddisfatta. Mi osserva e storce la bocca, in effetti sono vestita come una donna di strada, minigonna di pelle e giubbottino striminzito sopra un top che mette bene in mostra la mia terza misura di seno. Le mie scarpe con tacco a spillo completano il quadro. - "non è come pensi, sto solo facendo un gioco" - cerco di spiegare - "non devi giustificarti, non ti giudico, ma ti va di fare un giro con me?" - la proposta mi sorprende, il ragazzo è intraprendente, audace, chissà cosa gli passa per la testa, ma io non posso lasciare Andrea così, anzi sto perdendo tempo prezioso, non raggiungerò mai il mio obiettivo. E poi, forse Andrea mi sta già cercando, sta sicuramente guardando l'orologio, è molto severo e... cazzo è già passata quasi un'ora! "Devo andare ora" - saluto Marco con gli occhi bassi, devo tornare dentro, mi inventerò qualcosa. Chissà perchè non ho pensato a Marco come un possibile obiettivo, e se ci penso ora che mi sto allontanando da lui, quasi mi dispiace. "Aspetta! Non mi hai detto il tuo nome, e perchè vai via così? Ha a che fare col tuo gioco?" - "Non capiresti..." - rispondo, e mi meraviglio del tono triste che ha assunto la mia voce ora. Non ce la faccio proprio stasera, raggiungo Andrea e imploro "andiamo via, stasera non è aria, accetterò le conseguenze". Imperturbabile Andrea, si alza lasciando una banconota sul tavolino, accanto al bicchiere vuoto. Il tragitto verso casa scorre in un silenzio irreale, neanche i rumori della strada oltrepassano la bolla di isolamento nella quale sembro sigillata. Parcheggia in giardino e accende i fari che illuminano il prato e il vialetto. "Aspetta qui!" - mi fermo accanto all'auto pochi secondi, Andrea riappare dalla porta del garage con un secchio in mano. "Lavami la macchina! Non vedi com'è sporca di fango e impolverata? E mi raccomando al parabrezza che è pieno di moscerini! Ah... naturalmente devi toglierti le scarpe e i vestiti, puoi tenere solo il reggiseno e le mutandine". Sono allibita, la sua perversione mi sconvolge e il suo tono di comando non ammette repliche. Siamo ancora in estate, ma è notte e il freddo mi fa già venire la pelle d'oca, ma eseguo docilmente. Sono consapevole di aver fallito la missione di questa sera, e non so come fare a dirgli che quel tipo di fantasia proprio non riesco a sopportarla. Ecco, forse ho trovato - "Andrea... maestro... non chiedermi più di dare piacere ad altri uomini, in assoluto... non voglio altri uomini all'infuori di te." La formula è giusta, non voglio disubbidire o evitare i giochi che gli piacciono, voglio solo dedicarmi completamente a lui. Saprò nei prossimi giorni se ha apprezzato, ora il suo viso accenna solo un tiepido sorriso. Seminuda ora armeggio con la spugna e il secchio, aggiungo il detergente e spruzzo abbondantemente l'auto con il tubo di gomma. Andrea si è posizionato all'interno, al posto di guida, vuole osservarmi bene mentre lavoro, ho capito il gioco, vuole simulare gli autolavaggi sexy che si vedono a volte in qualche foto o video. Mi piace, anche se sento un freddo che mi fa tremare. Mi sporgo con la spugna insaponata sul vetro davanti, cerco di incrociare lo sguardo di Andrea per ricavarne informazioni su come procedere. Decido che una bella strofinata di tette davanti agli occhi non può non fargli piacere e quasi mi stendo, mi stiro su quel cristallo bagnato, esagero i movimenti e il reggiseno ormai fradicio mostra i miei capezzoli duri, per il freddo e l'eccitazione. Sì, mi sto eccitando a rendere questo servizio al mio maestro, mi sto eccitando pensando di strusciarmi su di lui anzichè su questo stupido parabrezza. Andrea esce dalla macchina, gli è veramente piaciuto lo spettacolo, il suo desiderio è evidente sotto i pantaloni, mi attira a se e mi sussurra -"sei proprio una troia, non sai neanche lavare una macchina senza mostrarti per quello che sei, una cagna vogliosa." Si stà sbottonando i pantaloni, so cosa vuole e lo voglio anch'io. Il suo membro duro appare all'improvviso e le mie mani bagnate, gelate, sembrano toccare un tizzone ardente, si ritrae come infastidito, mi avvicino e mi inginocchio, metto le mani dietro la schiena, lui mi offre quello che cerco, lo prendo tra le labbra, lo aspiro come una cannuccia, lo accolgo fino in gola facilmente, la lingua sfiora lo scroto. Non respiro in queste condizioni e lui lo sa, si trattiene per dei secondi interminabili, mi ritraggo appena in tempo per non vomitare. Riprendo a spompinarlo regolando la profondità e la velocità, voglio portarlo al limite, e sento che sta per esplodere. Mi blocca, mi strattona per un braccio, è rude e quasi violento, mi vuole e io non lo vorrei in modo diverso ora. Mi afferra per i fianchi e mi fa girare, mi spinge la faccia sul cofano della macchina e mi allarga le gambe dandomi dei colpetti con le ginocchia. Uno strappo e le mutandine cedono, il colpo successivo mi lascia senza respiro, è entrato in me, facilmente, e le sue cosce schiaffeggiano le mie con una foga tale da far oscillare le sospensioni dell'auto, mentre i miei seni strusciano la lamiera del cofano. Vampate di calore mi salgono dalle gambe, riscaldano il ventre e arrivano al cervello. Mi riscaldo da dentro, mentre la pelle fredda per il contatto con l'acqua gelata sembra staccarsi e fondersi, il cofano si deforma sotto il mio peso e per effetto delle spinte furiose, nel delirio del momento mi metto a gemere e urlare, sto godendo da morire e neanche mi accorgo che Andrea mi ha bloccato le braccia dietro la schiena con una mano e mi sta percuotendo sonoramente con l'altra mano. Ogni colpo è un sussulto e la mia vagina si contrae sul suo membro, sento amplificati tutti i suoi movimenti. Ecco le ultime spinte, sta godendo e godo con lui sentendolo invadermi e riempirmi con una parte di se, e io urlo il mio piacere come una liberazione. Ora si accascia su di me, sfinito e ansimante, soddisfatto. Io sono felice di come è finita questa strana serata, sono quasi sicura che non mi punirà ancora stanotte, sento il suo pene uscire da me e lo sperma caldo colarmi tra le gambe. Lentamente mi chino sotto di lui, per leccarlo e ripulirlo per bene.